Siamo sinceramente soddisfatti di una vita senza ideali? Risponde Sandro Marano

Poeta e scrittore, da più di quarant’anni impegnato nelle battaglie ambientaliste, Sandro Marano coniuga cultura ed ecologia nel convincimento che, per raggiungere determinati obiettivi o quantomeno cercare di raggiungerli, Pensiero ed Azione siano un magnifico connubio che dà linfa agli Ideali in cui si crede.

Approfittiamo della sua disponibilità per una chiacchierata ad ampio respiro sulle tematiche ambientali e non solo su queste.

Marano, quali tematiche ecologiste sta seguendo in questo periodo? E in particolare in Italia cosa la preoccupa maggiormente?

Una delle tematiche ambientali di maggiore importanza è senz’altro quella del consumo di suolo per cantieri, nuovi edifici, impianti fotovoltaici e infrastrutture. Basti pensare che ogni giorno in Italia il consumo di suolo, secondo i dati dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), avanza di 20 ettari, con un ritmo di 2,3 metri quadrati al secondo, nonostante che la popolazione italiana sia in calo. Il che vuol dire, in primo luogo, riduzione dell’effetto spugna, cioè della capacità del terreno di assorbire e trattenere l’acqua e regolare il ciclo idrologico, con conseguenti ingenti danni dovuti alle alluvioni. In secondo luogo, il consumo di suolo si traduce in perdita dei servizi ecosistemici come la produzione agricola, lo stoccaggio di carbonio, la biodiversità e la regolazione del clima.

Emblematico è l’espianto di quasi duemila ulivi secolari sani a Bitonto in località Pozzo delle Grue per fare posto a un impianto fotovoltaico che si estenderà su circa 15 ettari di suolo agricolo. Qui evidentemente si usa l’ambiente contro l’ambiente. E questo accade grazie all’autorizzazione data dalla Regione Puglia e con il beneplacito del Comune di Bitonto. C’è modo e modo di produrre energia da fonti rinnovabili.

Venendo alla città di Bari, la nostra associazione, Fare Verde, insieme ad altre associazioni e ai comitati di cittadini si sta battendo strenuamente contro l’inganno del “parco (!) della giustizia” che dovrebbe sorgere su un suolo destinato dal vecchio piano regolatore a verde di quartiere. Si tratta di un’area di 140.000 metri quadri che verrebbe quasi dimezzata per costruire quattro palazzoni, parliamo di 500.000 metri cubi di cemento. E questo in una zona già densamente abitata e costruita, dove il verde pro capite è già sotto il minimo previsto dalla legge con intuibili ulteriori problemi di maggiore congestione del traffico urbano. Purtroppo tutti i partiti, di destra e di sinistra, votarono in una storica seduta, cui partecipai tra coloro che protestarono, la variante da verde di quartiere a suolo edificabile. Qui la scusa è la giusta esigenza di dotare di sedi dignitose l’attività giudiziaria. Ma ciò può avvenire a scapito del verde pubblico? Ricordo sommessamente anche a certi operatori della giustizia che l’articolo 9 della Costituzione italiana (così spesso da loro invocata) sancisce che la Repubblica tutela il paesaggio, il patrimonio storico e artistico della Nazione nonché l’ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell’interesse delle future generazioni.

Ed a livello mondiale?

Purtroppo dopo 10 giorni di intense trattative è fallito il negoziato per limitare l’inquinamento da plastica che si è tenuto questo agosto a Ginevra. La produzione di plastica, che com’è noto deriva dalla lavorazione del petrolio, si aggira intorno alle 300 milioni di tonnellate l’anno, ed è in continua crescita, si calcola che è aumentata di oltre 200 volte dal 1950. Il 75% di tutta la plastica prodotta diventa rifiuto e più di 20 milioni di tonnellate ogni anno finiscono nell’ambiente con incalcolabili danni all’ecosistema e alla salute umana. Per la cronaca: sugli oltre cento paesi che premevano per regole globali vincolanti guidati da Rwanda, Norvegia e UE, hanno prevalso gli USA e i paesi produttori di petrolio come l’Arabia saudita, l’Iran, l’Iraq, l’India, la Malesia, la Russia e il Kazakistan, che non solo non hanno accettato di limitare la produzione ma nemmeno di fermare l’uso di sostanze chimiche tossiche nella fabbricazione. Una posizione intermedia hanno assunto paesi come la Cina e il Brasile. Come ha denunciato Greenpeace questo è davvero un campanello d’allarme per tutto il mondo.

Restiamo in ambito internazionale. Da tempo non si parla più della deforestazione in Amazzonia, un dramma maggiormente denunciato durante e contro la Presidenza del Brasile del leader di Destra Jair Messias Bolsonaro (2019-23). Con il ritorno di Lula al potere, quindi della Sinistra, come stanno realmente le cose?

Per quanto mi risulta la deforestazione sotto la presidenza di Lula è diminuita rispetto alla presidenza del neoliberista Bolsonaro. È un passo avanti, benché non ancora sufficiente.

Da più parti si sottolinea che l’acqua scarseggia e che, con il trascorrere del tempo, la questione andrà sempre più aggravandosi. Come si può ovviare a tutto ciò?

L’acqua è il bene più prezioso e come tale va sottratta agli appetiti dei privati. Occorre fare manutenzione sugli acquedotti per evitare le cospicue perdite d’acqua ed educare la gente ad usare l’acqua del rubinetto con parsimonia, magari con filtri e piccoli depuratori casalinghi già in commercio. Osservo che le acque in bottiglia di plastica non sono un progresso rispetto all’acqua del rubinetto, gli antichi romani sotto questo profilo erano più progrediti di noi moderni.

Qual è lo stato di salute di Fare Verde, l’associazione di cui lei è un autorevole esponente?

È un periodo difficile per tutte le associazioni di volontariato: eccessivi adempimenti burocratici, un clima generale di individualismo esasperato, la scarsità dei risultati conseguiti hanno portato, salvo lodevoli eccezioni ovviamente, ad un calo degli iscritti. Ciò detto, Fare Verde, dopo un periodo di stagnazione, ha ripreso la sua marcia,anche con nuove iniziative di educazione ambientale come la campagna “basta mozziconi” nella quale distribuiamo gratuitamente ai fumatori e in particolare ai bagnanti in spiaggia dei porta-mozziconi per evitare la loro dispersione nell’ambiente. Inoltre con la campagna “Per fare un albero ci vuole un bosco” ci dedichiamo alla pulizia dei boschi e in taluni casi alla messa a dimora di alberelli.

Nei mesi scorsi ha destato sorpresa una dichiarazione di Marcello Veneziani che, intervistato da Michele Cozzi del «Corriere del Mezzogiorno», ha sostenuto, essere «stato complessivamente un buon sindaco» Decaro. Sulle prime abbiamo pensato che per proferire tale giudizio Veneziani si fosse trasferito a Bari ma, i ben informati hanno smentito ciò. Orbene, una città può piacere o meno, ma per esprimere un giudizio sull’operato di un Sindaco in città bisogna viverci, la città bisogna viverla. Com’è stato possibile, a suo parere, un tale avventato giudizio?

Devo dire che apprezzo molto Marcello Veneziani, leggo con piacere i suoi libri e i suoi articoli e spesso li condivido. In questo caso non concordo col suo giudizio. Probabilmente è stato abbagliato dalla fama di Decaro come sindaco ambientalista. È un fatto che Bari sotto la sua amministrazione è retrocessa tra i capoluoghi per qualità della vita. Scherzando ho proposto per Decaro la laurea in greenwashing (= ambientalismo di facciata).

Perché il centrodestra dal 2009 a Bari ed in Puglia ha rinunciato a fare opposizione, cosa tra l’altro che sarebbe stata facile visto il più che mediocre spessore politico ed amministrativo di chi ha amministrato? Inoltre, possibile che oggi l’unico oppositore, peraltro al di fuori dei consessi elettivi, sia tale Mario Conca, ex consigliere regionale pentastellato?

Aggiungerei all’ex consigliere regionale Mario Conca anche la consigliera regionale tuttora in carica Antonella Laricchia che durante il suo mandato ha ben operato nell’interesse dei pugliesi ed ha saputo tenere testa con dignità allo strapotere e all’arroganza di Emiliano. Detto ciò, non saprei rispondere alla sua domanda. Da tempo non credo più alle categorie partitiche di destra e sinistra, la loro linea di demarcazione è labile, per non dire inesistente.

Da tempo molti Comuni hanno avviato la raccolta differenziata dei rifiuti a domicilio. In pratica, in determinati giorni della settimana, il cittadino depone in appositi contenitori in dotazione rifiuti vari lasciandoli in strada. In tal caso, però, il cittadino deve tenersi per più giorni in casa i rifiuti in attesa del giorno in cui dovrà depositarla. Non è proprio un capolavoro di igiene tale procedura.

Il porta a porta non è certo la soluzione del problema. È però un primo passo, serve soprattutto a spingere la popolazione verso un consumo più oculato, noi ecologisti parliamo di consumo critico. Ad esempio: comprare solo frutta di stagione, possibilmente prodotta in Italia o in Europa, preferire i contenitori in vetro anziché in plastica, usare l’acqua del rubinetto anziché quella in bottiglie di plastica, evitare lo spreco alimentare, ecc. Ciò detto, noi di Fare Verde proponiamo da quasi quarant’anni – inascoltati dai governi di destra e di sinistra – l’introduzione del vuoto a rendere con cauzione per i liquidi alimentari, che sarebbero restituiti al venditore non entrando proprio nel circuito dei rifiuti. Parliamo di quasi il 50% dei rifiuti solidi urbani. Non è poco! Quanto all’igiene, il porta a porta comporta qualche inconveniente certamente, ma è preferibile ai contenitori che si vedono per strada che davvero non sono un esempio di igiene.

Se non ricordo male ne «Il deserto di Tartari», Buzzati scrive di un tutto che fugge via, «gli uomini, le stagioni, le nubi». Volendo modulare la frase all’oggi, al deprimente tempo del politicamente corretto, che lettura possiamo dare al citato Buzzati pensiero?

Considero Buzzati, insieme a Pavese, tra i maggiori scrittori italiani del Novecento. Proprio quest’anno, a maggio, per l’associazione “Comunicazione plurale” ho tenuto insieme alla dottoressa Claudia Zuccarini una conversazione sul tema “Il deserto e l’attesa da Buzzati a Zurlini”. Ed ho scritto anche un breve saggio sul senso del tempo e sul fantastico in Buzzati. Buzzati coniuga il fantastico con le tematiche esistenziali. Ma ha pure un’attenzione alla natura vivente che ce lo rendono attualissimo. In un poemetto dedicato al Natale intitolato “Che scherzo!” si rivolge a Gesù bambino, che lo scrittore immagina sia venuto davvero il giorno di Natale, e gli chiede di camminare piano nell’attraversare il salotto:

Guai se tu svegli i ragazzi
che disastro sarebbe per noi
così colti così intelligenti
brevettati miscredenti
noi che ci crediamo chissà cosa
coi nostri atomi coi nostri razzi.»

Lo scrittore bellunese aveva a cuore una dimensione dell’esistenza che noi di solito trascuriamo, presi dagli affari, dal lavoro, dai commerci: quella della fiaba e del mistero del vivere. Siamo davvero felici nel mondo che ci siamo creati? Ecco la vera domanda sottintesa in questi versi. Siamo sinceramente soddisfatti della vita che conduciamo giorno per giorno senza grandi ideali, senza porci domande sul senso della nostra vita? Non ci siamo forse fidati troppo del progresso tecnologico, dell’economia, della scienza, della ragione calcolante? E l’inquinamento del pianeta, il consumo forsennato di suolo, le guerre, le crescenti masse di diseredati non mandano «a carte e quarantotto» la nostra «bella sicurezza nella scienza e nella dea ragione»? Chi restituirà ai bambini che subiscono guerre e devastazioni ambientali il sorriso?

Michele Salomone


Articolo preso da: https://www.lafiaccola.it/wp/siamo-sinceramente-soddisfatti-di-una-vita-senza-ideali-risponde-sandro-marano/